Filosofia e politica: 1918-2018. (Un rinvio da Gentile a Del Noce, a Severino)

Filosofia e politica: 1918-2018. (Un rinvio da Gentile a Del Noce, a Severino)

Lorenzo Scillitani*

 

Una rosa bianca, anzi bianchissima, campeggia al centro del logo della Rivista, a simboleggiare, molto più che un’allusione, un riferimento diretto alla Rosa Bianca, il movimento dei giovani bavaresi che, con coraggio e determinazione rari (non solo) nell’epoca del dominio nazionalsocialista, seppero opporre una luminosa testimonianza all’imbarbarimento della politica che caratterizzò il periodo che i Tedeschi continuano a chiamare «i dodici anni» (1933-1945). Questo richiamo non impedisce di riconsiderare la portata, altrettanto simbolica, di un anniversario, il centesimo, della fondazione di Politica: per un curioso, non intenzionale ricorso storico, si dà il caso che nel dicembre del 1918 sia stata fondata in Italia una rivista culturale, diretta da Francesco Coppola e Alfredo Rocco (nomi di intellettuali nazionalisti che nulla potrebbero avere in comune con i fratelli Scholl e i loro sodali[1]), recante la medesima denominazione di quella oggi in vita da ormai cinque anni. Questa singolare ricorrenza offre l’occasione di ritornare a quel primo numero, che vide la luce all’indomani della vittoria italiana nella Grande Guerra, che concluse il percorso di liberazione nazionale avviato dal Risorgimento.

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Politica e Filosofia

POLITICA E FILOSOFIA*

GIOVANNI GENTILE

I.

In una rivista che si propone l’educazione critica della co¬scienza politica italiana non mi pare inopportuno richiamare l’attenzione sul problema dei rapporti tra politica e filosofia; poiché questi rapporti mi paiono talmente intrinseci ed essen¬ziali così alla politica come alla filosofia, che formarsene un’idea chiara e acquistare in proposito un fondato convincimento debba riuscire di vitale interesse a ciascuno dei due termini. Giacché io penso che non solo la politica abbia bisogno di schiarirsi e farsi coerente e armarsi di pensiero, con l’aiuto della filosofia, ma che non sia più possibile una filosofia degna di questo nome, la quale non s’abbracci alle questioni politiche, e non ne rifletta in sé gl’interessi, e non senta la necessità di ri¬solverle nel suo proprio processo. Due aspetti d’una stessa cosa, la quale non si può guardare da un lato, se non si guarda anche dall’altro; perché, al postutto, quella filosofia che è immanente alla politica, e di cui perciò la politica non può fare a meno, non è già un’astratta filosofia che, sovrapponendosi alla vita per intenderla, se ne alieni per chiudersi nel mondo puramente ideale della speculazione, ma quella filosofia concreta, che, come oggi si può e si deve intendere, fa un tutto inscindibile con la vita, e si può dire la vita stessa nel pieno vigore della propria consapevolezza.
Il problema dunque pare che si sdoppii in due problemi: rapporto della politica con la filosofia, e rapporto della filosofia con la politica. Ma questi due problemi sono così strettamente congiunti che la soluzione del primo non può reggersi se non sulla soluzione del secondo. Dal quale, quantunque possa parere più remoto dalla indole di questa rivista, mi sia consentito perciò di prender le mosse, prescindendo per un momento dalla questione che qui più direttamente interessa, del fondamento filosofico d’ogni salda concezione politica.


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